I Pop Beceri, la loro musica e il tempo che passa per tutti


 

I Pop Beceri, la loro musica e il tempo che passa per tutti

I Pop Beceri (abbreviati, PB) sono un tristissimo e patetico gruppo musicale di cui sono leader incontrastato per il semplice motivo che ufficialmente il gruppo è formato solo dal sottoscritto e comunque ci sono motivi di attrito. Addirittura li ho scomodati i PB per intonare un qualcosa in memoria di una forma fisica (in particolare la mia) che non c'è più e che mai più tornerà perché è proprio questo il problema: Signori, la panza avanza (che rima!).

La robaccia musicale composta dal sottoscritto è conosciuta nell’ambiente musicale come la “musica delle sette i” in quanto ai più risulta: inascoltabile, ignobile, inaccettabile, inspiegabile, insignificante, inutile e, non per ultimo, “io-ti-strangolerei” (si intende rivolto dall’ascoltatore al compositore).

L’acronimo PB (per chi non lo sapesse) è anche il simbolo di un elemento della famosa Tavola Periodica inizialmente redatta da un chimico russo che ho sempre invidiato (Mendeleev), il Piombo. Codesto metallo ha effetti dannosi per l’organismo degli esseri viventi: ciò è un’ulteriore dimostrazione che ‘sto gruppo è nocivo e va bandito il prima possibile o bloccato dalla censura governativa ufficiale. Attenzione: la Tavola Periodica (è bene ricordarlo) non ha nulla a che fare con il cibo, quella è la Tavola Calda.

Per la cronaca i PB sono dediti per lo più a del Faded-Metal (cioè del Metal Sbiadito) da due soldi con influenze di vario tipo. E perché proprio due soldi? È doveroso “volare bassi” visto che la nostra produzione artistica oggettivamente non può valere quanto l’opera teatrale più famosa del drammaturgo Bertolt Brecht (dal titolo “Opera da tre soldi”). Vi si consiglia dello stesso autore la lettura (orrore!!) almeno del testo teatrale "Vita di Galileo".

Tornando a noi poniamoci una domanda: possiamo affermare che i PB hanno scritto un pezzo musicale struggente che sarà sicuramente la hit del 2027 se tutto procederà senza intoppi vari? È un rischio affermarlo. La vita non segue mai le nostre aspettative; perché portare iella e azzardare previsioni che saranno sicuramente smentite? Il testo che ammetto essere molto metafisico affronta in un’ottica di incomprensione criptica gli effetti del tempo che passa sulle proprie giunture. Il titolo è molto misterioso e aggiungerei di difficile comprensione nel suo profondo se letto da destra verso sinistra: “Nostalgia Caviglia”.

Ma è inutile crucciarsi. È opportuno accettare il verdetto del tempo e il giudizio dei chirurghi plastici che non possono fare miracoli; bisogna adeguarsi alla vecchiaia che avanza e al “lei” con cui ormai mi si rivolgono commesse e cassiere (faccenda, quest’ultima, che è anche più deprimente dei capelli bianchi che affiorano irrispettosi). In fondo anche l’Heavy Metal non è più quello di una volta. Bene, ora che vi ho depresso abbastanza godetevi questa iniziale bozza di testo che sicuramente andrà rivista:

Ho nostalgia della mia caviglia, l’arto proprio non si ripiglia.

La testa contro il mio corpo si accapiglia, vorrebbe osare ma il corpo gozzoviglia ormai la speranza si assottiglia.

Ho nostalgia della mia caviglia, la forma fisica è un ricordo lontano mille miglia.

Correvo facilmente per kilometri nella fanghiglia, se oggi inseguo 'na lumaca le gambe mi boicottano che è una meraviglia.

Ho nostalgia della mia caviglia, se tento un affondo faccio preoccupare la mia famiglia.

Scattavo come i centometristi in griglia, se ora scatto sembro ‘na triglia.

Ho nostalgia della mia caviglia, sul mio bacino si intravede ormai più di una maniglia.

Spostavo da solo una grossa chiglia e facevo le flessioni sulle sopracciglia, ora l’unica accettabile fatica è liberare il lavello da ogni sporca stoviglia.

Ho nostalgia della mia caviglia ormai non posso calciare manco più ‘na biglia.

Ricordo da giovane ogni parapiglia; per lenire il dolore ora non basta ‘na pastiglia ridotta in poltiglia, che sminuzzo perché altrimenti nella gola mi si impiglia.

Ho nostalgia della mia caviglia, il mio corpo ogni fatica caldamente le sconsiglia.

Non capisco ‘sto decadimento che avanza, mi attaccherò alla bottiglia; strano perché Annie Marie Wilkes non si è mai occupata della mia caviglia.

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