Cobra Kai e il tempo che passa

 


Cobra Kai e il tempo che passa


Cobra Kai è davvero una divertente chicca per coloro che come il sottoscritto sono cresciuti nei malefici anni ‘80 del secolo scorso. Subito una brevissima parentesi. Di già? sì: se vi volete immergere in quel periodo vi si consiglia la visione di Glow, serie tv su un manipolo di indomite ragazze wrestler. Chiusa la parentesi. Pare che di questi tempi li stiano rivalutando gli anni ‘80, perché in fondo dopo sono arrivati i terrificanti anni ‘90, poi gli illusori anni 2000 e infine i drammatici anni ‘10, che trittico di decadi! Visto e considerato che si sta favellando di Cobra Kai, sia messo agli atti (l’ho aggiunto anche come nota nel mio CV) che nell’86 al cinema (e non durante le successive repliche in tv) ho potuto ammirare le gesta di Marion Cobretti, ovvero Cobra, il poliziotto interpretato da Sylvester Stallone. Questo tipo di esperienze di vita reale, come si suol dire, “fanno curriculum”!

Ma lasciamo da parte Cobra/Cobretti e torniamo a Cobra Kai; mi sentirei subito di far presente che in questa serie tv il Maestro Mihagi è (quasi) come il Giulio Cesare nell'omonima tragedia di Shakespeare: non appare (quasi) mai ma aleggia costantemente per tutta la storia. Questo è il vago ricordo che mi è rimasto da quando lo studiai al Liceo Scientifico Copernico di Pavia... Ma chi? Il maestro di Karate o il personaggio della tragedia shakespeariana? Passiamo oltre. È comunque difficile che Kesuke Mihagi potesse partecipare al sequel visto che l’attore Pat Morita è deceduto da tempo. Ma forse la morte è solo una scusa da dare in pasto ai fan; se al suo posto ci fosse stato Chuck Norris avrebbe comunque trovato il modo di essere della partita visto che si tratta di karate. Probabilmente Egli continuerà a dare calci volanti anche quando Lui in persona (e non altri) deciderà di morire per passare l’eternità in una cripta o in una bara oppure chissà? Quando Chuck Norris deciderà di morire, con lui forse morirà l’Universo. Diciamocelo: non ha senso un Universo senza i Suoi calci volanti.

Daniel LaRusso il protagonista di Karate Kid e co-protagonista della serie è ormai cresciuto. Nutrirò sempre ammirazione per questo personaggio perché al tempo era un esempio per tutti i ragazzini: aveva combattuto e sconfitto i bulli con i quali ognuno di noi prima o poi deve fare i conti e aveva conquistato il cuore di una bella pupa. Ora è un po’ cambiato: il ché non significa che sia diventato un taglia legna, un pappa o un bullo; si prende ancora cura dei bonsai come gli aveva insegnato Mihagi. Non è più lo squattrinato disadattato di una volta (e invece il sottoscritto lo è ancora, tiè!). Ora può vantare una bella famigliola, guida auto da sballo e vive in una grande e confortevole villa; è dedito al capitalismo e alla cinica competizione liberista nella vendita di auto di lusso (Ronald Reagan sarebbe fiero di lui), insomma evviva il sogno americano! E come mai lo ritroviamo così cambiato apparentemente? Un critico professionista mi potrebbe rispondere come segue: <Ma no ragazzo mio, vedi che mi sei caduto nel tranello, oh sprovveduto e stupido tuttologo? Solo apparentemente è diventato un filo imperialista. C’è un’aspetto romantico, oh stolto commentatore di serie tv e di tutto quello che ti passa per quella testolina di compensato>. Effettivamente a pensarci meglio a un certo punto della storia il nostro protagonista rivela che da quando il suo Maestro gli aveva prestato una delle macchine che aveva lucidato (durante il primo film della saga) si appassionò alle vetture così tanto da voler diventare venditore: fortuna che il Maestro non gli ha fatto lucidare un trattore o un sottomarino o dei missili nucleari. Ma io lo capisco il Daniel. Anche io, da pischello, mi sono appassionato alle auto per colpa della Lotus Nera di F1 marcata John Player Special o dell’altra leggendaria monoposto da F1, la Tyrrell P34 blu scura con sei ruote. Ciò che ti colpisce da bambino poi in qualche modo ti rimane per tutta la vita in positivo e in negativo; impossibile per il sottoscritto dimenticare per esempio il calciatore Giancarlo Antognoni, un micio morto davanti ai miei occhi, Actarus, la principessa Leya o la musicassetta firmata Van Halen nel film Ritorno al Futuro (guarda caso sempre gli anni ‘80). Peccato non aver compreso a fondo l'importanza dei computer e di internet nel lungometraggio War Games, ma al tempo mi pareva cosa buona e giusta concentrarmi sulla protagonista Ally Sheedy.

Probabilmente per comprendere a fondo il vero motivo che ha spinto Daniel a vendere macchinoni di note marche vi si consiglia la visione del drammatico documentario “come ti vendo un film” di Morgan Spurlock. In realtà il documentario non è drammatico, anzi è davvero molto interessante, ma è drammatico comprendere come i grandi brand si siano impossessati dell’intrattenimento cinematografico. A mio parere gli sceneggiatori (al Daniel) potevano fargli fare il venditore o restauratore di auto d’epoca come appunto quella che il Maestro gli aveva prestato per fare colpo sulla biondina Ali Mills e che ancora custodisce gelosamente, (intendo la vettura, non la ragazza). Sarebbe stato più sensato ma certamente poi ci sarebbe stato il trascurabilissimo problema di capire chi avrebbe anticipato i capitali per produrre la serie. Quindi meglio digerire la faccenda e andare avanti prima cha la produzione venga a citofonare a casa mia per chiedere di contribuire al budget delle prossime stagioni. E comunque poteva andare peggio: LaRusso poteva appassionarsi alla cera usata per lucidare le auto e diventare venditore di cera...

Essendo la serie una chiara operazione-amarcord (come è giusto che sia in piena era di revisionismo degli anni ‘80) le belle storiche protagoniste del franchise fanno qui brevi apparizioni e sul viso mostrano delle strane increspature della pelle. Abbiamo fatto analizzare queste strane "cose" a dei chirurghi plastici di fiducia e sono arrivati alla conclusione che trattasi di rughe. Rughe nelle attrici hollywoodiane? Sì, strano ma vero. Sono tutti un po’ invecchiati i protagonisti dei film come è sacrosanto che sia (Karate Kid è del 1984!); le uniche mamme che appaiono molto giovanili sono la sorella di Sheldon di The Big bang Theory che in questa serie impersona la Signora LaRusso e la madre di un ragazzo che verrà aiutato dall’altro importante co-protagonista, Johnny Lawrence, a combattere contro i bulli della scuola. Pure il villain giapponese di Karate Kid II è rimasto in forma, non è più uno scavezzacollo e via via si ritaglia un ruolo qua e la. A ‘sto punto, visto che stanno richiamando tutti quanti potrebbe anche succedere che appaia nelle prossime stagioni il duo delle immonde cattiverie Terry Silver e Mike Barnes in soccorso a John Kreese (a proposito: grande Martin Kove!)? Scopritelo. Ma abbondiamo: perché non invitare anche Julie Pierce (Hilary Swank) di Karate Kid 4 per fare una bella scazzottata finale tutti in allegria? E già immagino un filmone finale dal titolo “Cobra Kai & Godzilla contro la riforma Fornero”!

Nella serie si scopre molto del passato di Johnny Lawrence che qui assume la medesima importanza di Daniel LaRusso. Johnny non si è mai ripreso dalla sconfitta subita nel primo film, i ruoli si sono quasi invertiti. Ma troverà anche lui modo di riscattarsi. Il grande villain della serie è (inizialmente…) Martin Kove che non delude! Anche di lui si scoprirà parecchio.

Non aspettatevi combattimenti realistici ma poco importa il realismo, sono gli anni ‘80 riversati nel nuovo millennio; comunque a me divertono: vero è che il mio parametro di paragone sono i colpi del tenente Topper Harley, le acrobazie di Capitan Chaos, le pizze che il Commissà Nico Giraldi riserva a Bombolo e gli sganassoni di Bud e Terence. Siamo lontani dai combattimenti cappa e spada e dai combattenti delle scuole di Hokuto, Nanto e Gento. I ragazzini se le danno di santa ragione ma apparentemente il più delle volte non subiscono danni permanenti e se li subiscono poi arrivano in soccorso gli sceneggiatori. Io al primo colpo di karate sarei onestamente svenuto con prognosi riservata ma Hollywood è ben altro.

Occorre chiudere ‘sta accozzaglia di considerazioni: la serie è molto divertente, ve la potete guardare oppure no, a me la vita non cambia. Sicuramente appena smetto di scrivere ‘sto pezzo io vado a stanare una cimice che ho intravisto in cucina, voleranno cazzotti pesanti in casa mia!

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